Sulla via XXIV Maggio, dopo un buon tratto, si arriva proprio di fronte alla chiesa di Santa Eustochia e al seicentesco monastero annesso; il complesso originario fu fondato dalla stessa Santa nel 1453, ma la chiesa fu interamente rifatta usando i materiali originari nel XVII° secolo e dopo il sisma del 1908, che risparmiò solo la piccola cappella ove era conservato il corpo intatto della Santa.
Sempre affacciato sulla via XXIV Maggio troviamo il monumentale Monte di Pietà, edificato a partire dal 1616 su progetto dell’architetto gesuita Natale Masuccio, per ospitare la cinquecentesca istituzione fondata dall’Arciconfraternita degli Azzurri, che aveva il fine di affrancare la povera gente dalla “schiavitù” dell’usura. L’edificio, di cui inizialmente fu portato a termine solo il pian terreno, a causa della morte del Masuccio, presenta una facciata in stile manieristico caratterizzata dalle finestre ravvicinate, sovrastate da timpani di forma triangolare, e dal portale centrale bugnato con timpano spezzato. La superficie è movimentata da nicchie che creano effetti di chiaroscuro. Internamente, attraversato il corridoio con volta a botte, si presenta un loggiato a tre arcate sostenute da colonne, che immette in un grande spazio aperto. In fondo sorgeva la chiesa di Nostra Signora della Pietà, costruita sul luogo ove precedentemente esisteva la chiesa di S.Basilio di rito greco-ortodosso, di cui oggi non rimane che la sola facciata sopravvissuta al cataclisma del 1908. L’artistica scalinata fu fatta erigere nel 1741 in occasione del secondo centenario della fondazione dell’Arciconfraternita. Nello stesso periodo furono fatte edificare la torre campanaria, oggi non più esistente, e il primo piano del Monte di Pietà, di cui l’unica traccia rimanente è costituita dai mensoloni dei resti del balcone centrale.
Salendo da via S.Pelagia, lateralmente al Monte di Pietà, si possono notare nell’area dove sorgeva l’abside della chiesa, i resti della cripta e una galleria che la tradizione sostiene fosse collegata al castello di Matagrifone (Rocca Guelfonia), dove oggi sorge il Sacrario di Cristo Re; da qui, sempre secondo la tradizione, i condannati a morte venivano condotti fino al sagrato ove chiedevano la grazia alle autorità; nel caso in cui questa fosse stata negata, proseguivano fino alla marina, dove li attendeva il patibolo.
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